lunedì 26 settembre 2016

Lettera alle donne che avrei voluto amare

Sono un codardo.
Un'incapace.
Non lo dico per sembrare una vittima.
Al contrario.

Da diversi anni il mio cuore batte solitario, facendosi bastare la propria eco.
Eppure, nonostante l'apatia, agli occhi è ancor più difficile comandare.

La prima sei stata tu.
Eri semplice, ti bastava poco per essere felice.
E ho pensato, un giorno, che tra il tuo e il mio poco, potevamo diventare tanto.
Ma l'ho pensato solo una volta.
Non avevo voglia di donare il mio poco per paura di restare con niente.

Poi sei seguita tu.
Troppo lontana.
Non ti ho nemmeno mai vista dal vivo.
Ancora oggi non conosco l'effetto del tuo sorriso.
Conosco solo la tua spiccata intelligenza. Le tue parole e le tue paure. Ciò che fai tutti i giorni per sopravvivere all'eterno desiderio che opera nella mente di ognuno ed è causa della sofferenza e dell'abbandono.
Non poteva funzionare.
Non può funzionare.

Con te è diverso.
Ho provato a comprenderti ma non ci sono riuscito.
Sollevi la mano e poi la tiri subito via.
Vuoi essere come tutte le altre.
Vuoi che ti si faccia una gran corte; ma io sono un miserabile.
Non ho false cortesie per te, non ho ostentazioni.
Ho solo me stesso e non ti basta.

Tu, invece, sei ancora viva nella mia mente.
Ti vedo raramente, con quei capelli assurdi che da soli bastano a mettere allegria.
E quando non bastano, c'è il sorriso.
Ti fisso un attimo e non riesco più a slegare gli occhi da quella chioma ribelle, dalle sonore risate, dalle labbra che battono le parole.
Ma non ho né il coraggio né la voglia di avvicinarmi.
Di salutarti.
Di comprenderti.
L'ho già fatto altre volte e adesso la cosa mi annoia.
Che poi è sempre la solita routine; presentarsi, dire qualcosa di stupido, farla ridere è importane, offrirle da bere, parlare del più e del meno, ascoltare (ascoltare è ancora più importante) se si accorgono che sei uno che sa ascoltare, hai già buone possibilità.
Invitala a uscire di nuovo, questa volta da soli, cerca di rendere ogni istante speciale, non dimenticare le pause; mai andare di fretta. Il fuoco rovente muore prima di quello che brucia lentamente.
Non ho interessi in tutto questo.
Vorrei amarti quando ti vedo ma sono uno che guarisce in fretta.
Eppure meriti un dono.
Adesso sei parte di un testo.
Un testo che mi ha rubato del tempo.
Ti ho dedicato del tempo, un'insignificante parte della mia vita.
Spero apprezzerai; nient'altro farò per te.
Perché mi basta l'eco del mio cuore, eco che incide parole come queste.

Mi bastano parole come queste.

White Love
Di Krt

lunedì 19 settembre 2016

Lettera alla noia



Sapete, di solito uno scrive quando è ispirato, quando ha qualcosa da dire. 
Stanotte provo a fare l'esatto opposto. 
Scrivo immerso nel disagio. 
L'anima ripudia l'arte. 
Mi tremano le dita. 
Non voglio scrivere, non ho nulla da dirvi.
Ma ci provo comunque. 
Odio questa mia idea. 
Il sangue ribolle, la testa rifiuta le parole. 
Ogni colpo sulla tastiera è pari a un coltello che gira e rigira nella stessa piaga. 
Respiro.
Sospiro. 
Cerco di darmi un contegno. 
Un obiettivo. 
Non ne ho nessuno. 
Forse il disagio. 
Forse la noia. 
Penso che la noia sia per pochi. 
Per quei pochi che sanno amare solo una cosa alla volta.
Io so amare solo una cosa alla volta.
Per questo scrivo e basta. 
Io so odiare solo una cosa alla volta. 
Per questo scrivo e basta.

BlackHole di Krt

sabato 3 settembre 2016

Lettera al futuro




Non so spiegarne il motivo ma quando penso al mio futuro, lo immagino orribile.

Se guardo avanti, vedo una morte a metà tra l'orrido e il ridicolo. Io che a quarant'anni perdo il lume della ragione, che mi cago addosso due volte al giorno, che rido senza motivo, sbavo, vomito, mi ficco le dita nelle orecchie e mi mangio il cerume; cado come un cretino e crepo nella totale inconsapevolezza.

Se guardo avanti, vedo un'infinità di sfortune, di opportunità mancate. Annego nei debiti, annego nella depressione, nell'ansia, nei ricordi e nella piscina comunale.

Se guardo avanti, vedo tutti gli altri proseguire mentre io resto immobile, coperto di polvere, di dubbi, dalla paura di fare un passo. Vedo i vostri traguardi, vi invidio, vi odio; mi giustifico banalmente. Lo faccio sempre. Non era quello che volevo. Non è quello che vorrei per me.

Se guardo avanti vedo il vuoto, l'oscurità. Per quanto provi a cambiare punto di vista, l'oscurità non cambia e tu non cambi di conseguenza.

Se guardo avanti vedo tutto ciò che non vorrei adesso. Una malattia improvvisa. Il fallimento. La perdita.

Se guardo avanti vedo la fine di questo testo. Finirò a parlare della mia dipendenza, del mio legame, finirà un po' come tutti gli altri, con mille dubbi e rancori, con me che sospiro queste lacrime e penso: chissà se piacerà. Chissà se qualcuno leggerà ciò che sto scrivendo. Chissà cosa penserà davvero, se gli sembrerò ridicolo, idiota, magari anche un po' coglione. O se nella sua testa, se nella tua testa, hai iniziato a tessere lodi. Ora come ora m'importa solo della tua sincerità. Dimmelo. Sii sincero.

Nonostante tutto, preferisco guardare avanti piuttosto che indietro. Sono abbastanza nostalgico, in realtà, tuttavia dimentico la maggior parte delle cose, a partire da quelle importanti. Ed è così che immagino il mio futuro, un futuro che cancella il passato, che lo dimentica e commette inevitabilmente gli stessi errori. Un circolo vizioso di banalità.

Per questo scrivo. Perché la scrittura si sta incidendo adesso, in questo preciso istante. Siamo io e lei, qui ed ora e tu non puoi saperlo, non sai niente, non sai nemmeno il perché. Un incontro segreto, non chiamato ma soltanto voluto; desiderato. E la scrittura resta, non è come i ricordi, come le parole dette. Lei resta lì finché tu non la cancelli. Che il vero controllo di sé è questo, decidere quando cancellare qualcosa e quando tenerlo sotto chiave. Potrò sempre rileggere questo testo. Sempre. Puoi guardare avanti quanto vuoi, mentre scrivi, ma più avanti del presente non esiste niente, nessuna strada.

Stanotte non guardo avanti, stanotte incido queste parole in qualsiasi presente dell'universo.