lunedì 20 ottobre 2014

Quattro ciance da falò #2 Malattia grave

Buona sera, esploratori, accomodatevi pure intorno al fuoco.


«Questa è una di quelle sere dove i nostri cuori si fanno meno freddi, così da poter accogliere con calore i nuovi compagni di viaggio che un fato incomprensibile e oscuro che nessuno è in grado di leggere, ci ha fatto incontrare. È nostro dovere dunque prendercene cura poiché in un mondo di guerre, di odio e di violenza, lamicizia ha maggiore valore e va pertanto protetta e preservata»
- Esmelia


Quattro ciance da falò
1) Tra la realtà e la fantasia

Non vi è mai capitato di pensare: la realtà fa schifo? Sarà che la nostra generazione è abituata alle favole, alle storie di libri e film. Sarà che le storie sono belle perché finiscono mentre la nostra realtà continua, cresce, ti distrugge e muore senza nessun tipo di lieto fine ma accompagnata solo dalla rassegnazione, da una malattia mortale o da qualcosa di orribilmente inaspettato. Il genere umano ha sempre raccontato storie, che siano storie vere o di fantasia lo ha sempre fatto per rendere migliore la propria esistenza, o delle volte addirittura con la speranza di cambiare il mondo, altre ancora per distruggere le convinzioni altrui. 

2) Comprensione 

Credo che la comprensione sia necessaria in ogni contesto umano, quindi mi sono posto diverse domande. E se anche questa realtà che molti non trovano giusta, avesse solo bisogno di comprensione? Io sono il primo a fuggire e a rifugiarsi nella fantasia quando ciò che mi circonda minaccia i miei sentimenti, e credo sia un po' ciò che fanno tutte le persone che amano leggere e più in particolare quelle che leggono fantasy. 

3) Il Fantasy

Chi come me vuole fuggire dalla realtà di solito lo fa nel fantasy, perché narra di mondi e regole morali diverse. Sia chiaro, nel fantasy spesso ci sono cose più sbagliate che nella realtà ma quello che cambia, ciò che probabilmente noi cerchiamo nel mondo, è la prevalsa di ciò che è giusto e il differente modo di sconfiggere ciò che è sbagliato. Non sto parlando di bene e male perché sono due forze in cui io personalmente non ho mai creduto, sono solo l'estremizzazione dei sentimenti umani che a mio parere è impossibile categorizzare in due sole fazioni, una nera e una bianca. Nel mondo ci sono un'infinità di colori. 

4) Malattia grave

E infine veniamo a noi, al titolo del post. Forse qualcuno di voi mi odierà per questo crudele scherzo, ma la malattia di cui vi parlo non ha niente di fisico, anzi, non può essere nemmeno definita tale. Me la sono attribuita io stesso e il suo nome è Storytelling compulsivo cronico. Per ogni mese e ormai da molti anni, accade che una storia diversa nasce nella mia mente e per evitare che questa continui a martellarmi i pensieri, la metto su carta digitale. Non sto scherzando quando la chiamo malattia in verità, perché ogni volta che questo accade soffro. Soffro per il semplice motivo che sono consapevole del non avere abbastanza tempo da scriverle tutte degnamente, di dare loro corpo e anima oltre che un debole scheletro appena accennato. Ho il desiderio insopportabile di raccontarle tutte, dalla prima all'ultima, e questo mi porta anche a rallentare la mia attività di scrittura. 

Rispetto alle precedenti ciance queste hanno un tono decisamente troppo serio, perdonatemi se vi ho annoiato ma sentivo il bisogno di esprimere tutto ciò. 
Ditemi la vostra riguardo ai primi punti da me divulgati. Voi quando, dove e perché fuggite se vi capita di farlo? 
Grazie mille.


La frase che ha ispirato il post:

La fantasia è una naturale attività umana, la quale certamente non distrugge e neppure reca offesa alla Ragione, né smussa l'appetito per la verità scientifica, di cui non ottunde la percezione. Al contrario: più acuta e chiara è la ragione, e migliori fantasie produrrà.
Tolkien

La musica che ha ispirato il post: 


domenica 12 ottobre 2014

Quattro ciance da falò #1


Buonasera, esploratori, accomodatevi pure intorno al fuoco. 


«Questa è una di quelle sere dove i nostri cuori si fanno meno freddi, così da poter accogliere con calore i nuovi compagni di viaggio che un fato incomprensibile e oscuro che nessuno è in grado di leggere, ci ha fatto incontrare. È nostro dovere dunque prendercene cura poiché in un mondo di guerre, di odio e di violenza, lamicizia ha maggiore valore e va pertanto protetta e preservata»
- Esmelia


Volevo cortesemente dare ai nuovi arrivati un caloroso benvenuto e un invito a restare, se non per ascoltar quel che ho da dire, almeno per riscaldarsi il cuore prima di riprendere l'avventura. 


Quattro ciance da falò; 
1) Sul blog


Questo blog è nato, in verità, come luogo d'informazione sulla saga di Gheler l'esploratore. Nelle varie sezioni infatti, troverete delle guide più o meno complete (e perennemente in lavorazione) che spiegano con immagini e parole tutto ciò che riguarda una determinata razza che vive nel mondo di Gheler. L'idea quindi era quella di creare una guida alle razze, ovvero agli Etne, Nuriani, Orghen, Elielan, Mutaforma e addirittura ai Draghi. Ovviamente, per motivi legati a tempistiche e alla mia pigrizia qualcuna di queste guide è ancora completamente incompleta. Vedranno però la luce molto presto. Troverete poi una sezione dedicata alle Recensioni sulla saga scritte dai vari blog, una dedicata all'Autore, un'altra alla Saga e infine, nell'Arte di Marcello Baldari (che ha disegnato la cover de "il legame dei draghi") potrete togliervi ogni curiosità sulla sua realizzazione e ammirare altre sue opere d'arte. 



2) Sull'Autore

Winter is coming;
meglio portare un ombrello
 Antonio Polosa, classe 91. Cazzaro alla radice -dovrei piangere ed invece (cit.)-  eeeh senza troppi inutili dilungamenti, anche perché se siete interessati (qui) potete trovare una lunga e interessantissima intervista. Mi diletto più o meno in diversi ambiti artistici perché non c'ho voglia di lavorare. Oltre a scrivere quindi, disegno in digitale (se volete spulciatevi il mio DeviantART) e scolpisco in 3D (Tipo queste cose così che poi metto su: Youtube) La pagina facebook dedicata alla saga non rivaleggia con il mio profilo personale, perciò se volete condividere il puro cazzeggio o insultarmi pesantemente, potete tranquillamente aggiungermi, io sono sempre disponibile al reciproco scambio di opinioni anche nell'abuso verbale o nelle dolci frasi da best friends che si conoscono da 5 minuti. 

  





3) Sulla saga

Di solito mi piace dire che fa schifo, così da abbassare le aspettative dei lettori. Non trovate sia un'ottima strategia? Così al massimo, proprio proprio, potrei salvarmi con un grandissimo: ve l'avevo detto! Io sono una persona sincera e coerente! :) 


4) Sui post

Vi terrò ovviamente aggiornati qualora le guide ricevessero delle modifiche sostanziali, mentre per le quattro ciance da falò proverò a dar loro una cadenza serale più o meno coerente "coerente" detto da una persona poco coerente tra una sera sì e due no, e saranno post prevalentemente così, puro cazzeggio per soddisfare il mio desiderio di scrivere e di scambiare opinioni. Per il resto, ho intenzione di tenere attivo questo blog anche attraverso Off-Topic (Fuori tema ...cose che non c'entrano na mazza con il libro) così. Perché sì. 

Ciancia bonus diversamente veritiera: 4.5) Recensioni censurate dalla stampa del N.Y.Times

- Gheler l'esploratore è un libro assai bello. 
- J.R.R. Tolkien (Un tizio qualunque fermato per strada)


- Gheler è un tipo poco "brillante" ma ha il suo fascino. 
- Stephenie Meyer (Tuhailaids)


- L'autore dovrebbe dilungarsi di più in cose inutili che non fregano a nessuno e uccidere più protagonisti. 
- George R. R. Martin (Un sadico ciccione bastardo)


- Ma quindi gli Etne non sentono nemmeno il bisogno di violentarsi a vicenda? 
- E. L. James (cinquanta sfumature di Etne)


Un sentito grazie a tutti i nuovi lettori, grazie soprattutto per aver perso il vostro prezioso tempo qui, a leggere cavolate.
Adesso andate e riprendete il vostro viaggio, esploratori, spero di ritrovarvi ancora lungo il cammino una sera di queste, o almeno di leggere insulti baci e abbracci o cose così nei commenti, mi farebbe di certo sentire un po' più in compagnia :)
Buona fortuna e alla prossima!


mercoledì 8 ottobre 2014

Giveaway by Dreaming Fantasy + Prologo "Il legame dei draghi"


Hello everyone. 
Volevo annunciarvi che sul blog -> Dreaming Fantasy <- è in corso un -> Giveaway <- che vi permetterà di vincere una copia cartacea del primo volume di Gheler l'esploratore! Per partecipare compilate il Form e lasciate un commento con la vostra mail. 
Poiché risulterebbe un post scarno e privo di contenuti dedito al solo informare, condivido con voi l'intero prologo, mentre nel post del Giveaway troverete un altro estratto rubato a uno dei diari di Gheler. 






Prologo
(Note personali di Dae)


Non ho mai narrato una storia, mi sono sempre limitata ad ascoltarle dalla bocca di mia madre e mai mi sarei aspettata di scriverne una. In realtà avrò poco più di qualche pagina per parlarvi di me, ma questo poco importa. Il tomo è dedicato ai racconti di mia madre e alla sua avventura. Ho racchiuso insieme i diari degli esploratori, ed ho capito che ogni singolo essere vivente ha una storia da raccontare, ogni Etne che vedo passeggiare da sopra i rami del mio Ledah ha pagine bianche che può riempire, ogni Elielan che attraversa il piccolo fiume Dano, ogni Nuriano che giunge nella radura insanguinata per lodare la grande battaglia, ogni Orghen che attraversa le paludi per venerare le ceneri dellalbero di fuoco. Ma tutti loro ricorderanno per sempre questa, la storia di Gheler lesploratore, di Adne la ribelle, di Elden il pesce di terra e del principe esiliato Adeleo. Chi mai si dimenticherà di loro?
Concludo questo prologo con una piccola prefazione del finale. Il mio nome è Dae, ho quarantanni, pochi per noi Etne, unadolescente si potrebbe dire in termini umani. Sono lunica figlia di Adne, come mi definiva lei: il frutto dellamore che corre su sentieri inesplorati, un frutto, aggiungerei, malinconico. Anche se mi rivolgo a lei al passato, Adne non morì durante la sua avventura ma ciò nonostante non ritornò mai nel Sialden. In verità è ancora presto per dirvi come si conclude la sua storia.

Tutto cominciò nel pieno della stagione del sole, qualche giorno dopo larrivo del mese della pace. Secondo il calendario Nuriano, il terzo giorno dagosto. Il mese della pace è il periodo più atteso e allegro dellanno, considerando le numerose feste e i fastosi banchetti. Chi era bravo a danzare danzava, chi amava cantare cantava, gli anziani narravano storie del passato ai bambini mentre i giovani le riproducevano in ballate e la musica non si fermava mai, nemmeno di notte, o almeno questo succedeva prima dellarrivo dei senza-legame.
Meno di un milione di Etne popolavano queste terre ai tempi del dominio di Nuria. Il Sialden si era rimpicciolito sempre di più e la nostra razza correva verso lestinzione. Gli uomini recidevano avidamente gli alberi per costruire i loro ripari e sapevano bene quanto la legna dei nostri boschi fosse speciale.
Adne era la figlia dellanziano Dadlan, uno dei quattro consiglieri dellEtne che guidava quello che un tempo restava del Sialden. Per chi non lo sapesse noi Etne siamo una delle ultime razze, salvo gli Elielan, ancora legati allaspetto primitivo della natura. Le nostre orecchie hanno la forma di conchiglie e chiocciole, i nostri capelli cambiano colore insieme alle foglie degli alberi cui siamo legati, quindi verdi nella stagione del sole, dal rosso al giallo in quella dellacqua, neri o bianchi in quella del gelo e, in base al tipo di fiori del Ledah, del loro medesimo colore in quella della terra. Lunica cosa che distingue un Ledah da un altro è proprio la sua fioritura. Si pensa anche che un diverso tipo e colore di fiore possa plasmare il carattere degli Etne. Il fiore di Adne era quello bianco della fanciulla. Al contrario del tipo, il suo colore era quasi una rarità nel Sialden, poiché il bianco, insieme al nero, indica un senso di distaccamento dal Ledah e una sovversiva voglia di fuggire lontano. La fanciulla invece è un tipo di fiore che, come il nome stesso suggerisce, spesso si trova nei legami delle donne e che rappresenta una personalità sensibile dalla lacrima facile; Ma partiamo dallinizio.
Quando un Etne nasce, stringe nella piccola mano un seme. I genitori hanno lobbligo di piantarlo e di curarlo fino a quando l'Etne a esso legato non sarà in grado di farlo con le proprie mani. Nel giro di anni la pianta diventa un albero che cresce in base alla cultura, alla saggezza e allintelligenza del suo Etne, letà media di ciò è di circa dieci anni, quando il nostro aspetto comincia a maturare in quello di un adolescente. Da quel giorno in poi, la nostra vecchiaia camminerà di pari passo con quella del Ledah che diventa una specie di genitore, di desiderio, di voglia. Tra i suoi fiori e dalla sua corteccia cresce tutto quello di cui lEtne ha veramente bisogno, quindi nulla di futile, e ciò comprende cibo e acqua sempre in quantità giusta, mai ho visto un mio simile lamentarsi per la pancia troppo piena, le coppe finiscono allunisono con la sete come il cibo lo fa con la fame. Inoltre fa crescere vestiti, bracciali, collane, anelli e armi, ovviamente solo quando lEtne ne ha veramente bisogno.
In sostanza, la vita del Sialden è una vita piena di pace e amore, una vita priva di odio e di avidità. Fatte rare eccezioni, tra gli Etne non esistono discriminazioni, non esistono classi sociali, non esiste lomicidio, la guerra per il potere, la violenza, lodio; una vita fortunata, potrebbe dire qualcuno ma io, così come la cara Adne, non ne sono pienamente convinta. Tutta questa pace ha un prezzo che gli Etne pagano ogni giorno della loro vita senza accorgersene e che riguarda linviolabile legge dei Ledah. Quando lEtne e il proprio legame sono vicini, nascono dei limiti nei sentimenti umani. Lincapacità di soffrire la fame, il freddo o la stanchezza, linettitudine di provare avidità, odio o rancore causata da una vita agiata, crea inevitabilmente incomprensione verso chi invece soffre ogni giorno. Inoltre, il Ledah finisce persino per guidare lamore, un aspetto del legame che Adne odiava e che, di conseguenza, fu la causa dellinizio della sua storia.

martedì 7 ottobre 2014

Libro 4 - Dal diario di Moga - Primo capitolo.


Poiché la data per il rilascio del quarto capitolo della saga è ancora imprecisa e lontana, voglio regalare a chi ha già letto la trilogia "Il desiderio di cambiare il mondo" (che è il titolo "segreto" della prima parte della saga) il primo capitolo del quarto libro "Dal diario di Moga"

Questo libro torna indietro di oltre cento anni, quindi molto prima delle vicende narrate nella trilogia. 


Gheler l'esploratore 
Dal diario di Moga


1) Maedo Olen Gheler Aermidia



 Aglan brillava di luce propria quel giorno. Le sue bianche vie erano ricoperte di drappi d’argento catturati dal vento, le balconate erano gremite di gente in festa e l’aria profumava dei petali che rivestivano la strada della corona. I soldati sorridevano, questo è vero, ma nessuno di loro aveva in realtà voglia di festeggiare. Alcuni avevano perso un amico, altri un braccio o una gamba, io avevo perso cento dei miei uomini eppure, così come l’eseguire gli ordini del re, anche sorridere dinanzi al popolo faceva parte dei miei doveri di generale.
 Era l’anno del dio che non muore, Maedo Darsiark, un generale del passato che nonostante le mortali ferite riportate in più battaglie era sempre riuscito a sopravvivere. Il re in carica era mio zio lord Brada, fratello della mia defunta madre e primo Galvat a sedere sul trono della giovane e potente Nuria. Era stato lui ad allevarmi e a educarmi nell’arte della guerra e del comando poiché, ammetteva ogni singola volta, si sentiva in colpa per la morte di mio padre avvenuta nella sua famosa guerra per il trono.
 Quando la strada della corona finì, le porte che conducevano al castello si aprirono scricchiolando e rivelando un corridoio di persone urlanti di gioia. Si trattava dell’intera servitù e corte, c’era Dardu il capo delle cucine che sovrastava tutte le voci, Argo il maestro d’armi che si ergeva silenzioso e immobile come un palo di fianco alla sua grassa moglie, Darv il bardo che già cantava le mie ultime gesta e un’intera flotta di damigelle che strillavano il nome di Gheler Aermidia, così tutti mi chiamavano a quell’epoca. Una dozzina di stallieri afferrò le redini dei cavalli e aiutò me e i miei dieci sottoposti a scendere dagli stanchi e spossati destrieri.
 «Gheler, signore, lord Brada vi attende con ansia nella sala scarlatta. Seguitemi pure» disse una delle guardie.
 «So dov’è» ribadii, «restate pure al vostro posto. Beriador, venite con me, voi altri siete congedati, potete tornare dalle vostre famiglie»
 «Vi ringrazio mio Olen» Olen Dermar è il vero Dio della guerra, il prescelto dei preti rossi, quindi il generale che molti anni prima portò alla completa estinzione gli elfi nella battaglia di Agat. Mio Olen, in altre parole, significa mio Dio della guerra e solo i generali che non hanno mai perso una battaglia hanno diritto a quel titolo.
 Quando entrai nella sala scarlatta lord Brada e i suoi dodici consiglieri anziani mi accolsero con un caloroso applauso.  
 «Eccolo!» urlò il re, «il degno figlio del grande generale Zoiro. Sette battaglie, sette vittorie, e questo a soli vent’anni»
 «Sto solo seguendo le vostre orme, mio signore, ma la strada è ancora lunga» Brada si avvicinò ridendo e mi scompigliò i capelli con la mano, salutando solo in seguito e con fredda cortesia anche il mio scudiero Beriador.
 «Lunga e irta di pericoli, questo è vero, ma il popolo ha cominciato a chiamarmi con l’appellativo di Maedo solo tre anni fa! Dopo questa vittoria per Aglan, figliolo, sei diventato ufficialmente Maedo Olen Gheler Aermidia, un nome imponente!»
 «Io... ecco, ho fatto solo il mio dovere» il titolo di Maedo invece è assegnato dal popolo, quando questo capisce di non poter fare a meno di una certa persona, comincia a desiderare che non muoia mai proprio come l’omonimo Dio.
 «Giovane, bello, forte e pure modesto!» incalzò uno degli anziani.
 «Se solo i tuoi genitori potessero vedere cosa stai diventando per questo regno. Ancora piango per tua madre, così giovane, così, innocente. La maledizione degli Agatiani continua a mietere le sue vittime anche dopo tutto questo tempo»
 «L’odio è difficile da estinguere, al contrario dell’amore e della fiducia»
 «Giovane, bello, forte, modesto e pure intelligente. Adesso capisco perché mia figlia ha scelto te» quelle parole mi fecero arrossire e lord Brada, dinanzi quella reazione, non fece altro che ridere ancora più forte. «Certo è ancora giovane e ingenua ma è pur sempre la mia primogenita, destinata a diventare la regina di Nuria. Tu ed io però abbiamo fatto un patto, otto vittorie nel nome di lord Brada per la sua mano, quindi ti resta ancora una battaglia da vincere e avrete entrambi la mia benedizione» 
  «Non chiedo di meglio che rendervi onore, mio re»
 «Avanti, raccontami tutto nei minimi particolari» mi pregò accomodandosi sulla sua regale sedia.  
 «Morvar vi è di nuovo fedele. Il suo barone aveva schierato una buona ma poco numerosa difesa, l’assedio è durato circa sei mesi e quando malattia e fame hanno cominciato a fare strage tra la sua gente, Moido ha deciso di arrendersi. In verità lui sperava nel supporto immediato da parte della città di Dria, come avevate previsto voi, ma a giudicare dalla noia che regnava tra i nostri accampamenti, devo ammettere che Onnu il cannibale ha fatto un buon lavoro»
 «Recentemente ci sono state recapitate lettere da parte sua» m’informò il re, «il signore di Dria ha ammesso la sua colpa e ha giurato fedeltà alla corona. Tra qualche giorno il distruttore farà ritorno ad Aglan con uno dei suoi figli come garanzia per la sua lealtà. Il tuo dono, invece?»
 «Moido? Mi sono preso la libertà di giudicarlo colpevole. È stato il boia della sua stessa città a decapitarlo. La sua famiglia, in seguito alla condanna, è fuggita da Morvar con un paio di cavalli e qualche misera riserva di cibo e adesso alla guida della città c’è vostro cugino Iaren» lord Brada annuì e si carezzò la corta barba, picchiettando le dita contro il tavolo.
 «Molto bene, un’altra ribellione estirpata alla radice. Loro ne sono incoscienti, ma ci stanno facendo un favore, ci offrono su un piatto d’argento il giusto pretesto per spodestarli e in seguito porre sui loro troni membri fedeli ai Gadna. Ottimo lavoro, Gheler, chiedi pure tutto quello che desideri come ricompensa»
 «Io... mi basta la vostra gratitudine, Maedo. E, se possibile, anche cenare con vostra figlia Teana questa sera, è da lungo tempo che non ammiro il suo sorriso»
 «Nessun problema, la informerò io stesso, prima però fatevi un bagno e rendetevi presentabile» e con una forte pacca sulla spalla mi congedò.
 Ricordo l’entusiasmo e la felicità che provai quando varcai la soglia della mia stanza. Era grande, profumata e riccamente arredata, quello che più si avvicinava al mio concetto di casa. Con Beriador avevamo in comune solo il corridoio e la sua stanza era molto meno regale della mia, per questo molte volte gli concedevo di pranzare insieme. In fondo io e lui condividevamo gli stessi dolori, passati e presenti, per questo entrambi siamo sempre stati felici della compagnia dell’altro.
 Beriador era stato portato ad Aglan come prigioniero all’età di otto anni. Primogenito dei signori ribelli di Velda, aveva assistito all’esecuzione dei propri genitori per poi finire nelle cucine come lavapiatti. Nonostante l’età aveva già imparato a usare la spada così, quando a dodici anni un soldato ubriaco, poco divertito dalla serata, ebbe l’ardire di sfidarlo a duello, Beriador vinse. Lord Brada, che aveva assistito a tutta la scena, gli ordinò di uccidere la guardia e lui obbedì. Ammirato da tanta lealtà, il re decise che sarebbe diventato il mio scudiero. All’inizio litigammo spesso e con violenza anche, poi la morte di mio padre e in seguito quella di mia madre rafforzò la nostra amicizia.
 Non appena fui presentabile, una delle ancelle di Teana bussò alla porta. Si chiamava Dori, non che m’importasse ovvio, ma il motivo per cui ricordavo il suo nome era Beriador. La ragazza lanciava spesso occhiate interessate al mio scudiero così, quando con gentilezza mi pregò di raggiungere Teana, la spinsi con forza all’interno della camera e mi serrai la porta alle spalle. «Fate piano» le dissi ridendo, «ha una ferita alla gamba che ancora gli duole!»

 Teana aveva l’età di Beriador, diciassette anni, eppure ne dimostrava almeno venti. Era bella, alta, capelli neri come nuvole cariche di pioggia e occhi verde smeraldo. Quella sera indossava un abito rosso fuoco con dozzine di fiori d’oro ricamati sul corpetto. Quando mi vide presentarle un mazzo di rose, scoppiò in lacrime e si gettò tra le mie braccia, singhiozzando per almeno altri venti minuti.
 Una volta che i servi ebbero apparecchiato la tavola e servito il vino, la principessa si asciugò le lacrime e attese con ansia il mio primo morso.
 «Buono» ammisi, «avete cucinato voi questo pesce?» la domanda la fece ridere. «Finalmente, mi mancavano i vostri sorrisi. Non fraintendetemi però, vi faccio questa domanda perché, beh, sembrate attendere con ansia un mio giudizio al riguardo»
 «Sono la futura regina di Nuria, i nemici della corona potrebbero avvelenare i miei piatti, per questo aspetto sempre che sia qualcun altro a dare il primo morso» in quel momento non riuscii a scrutare il confine tra ironia e serietà, per questo la mia faccia confusa la fece ridere un’altra volta. «Stupido. È da sei mesi che non ci vediamo, credete davvero che io abbia fame di cibo?»
 «La servitù ci osserva» l’avvertii. «Vostro padre non ci ha ancora dato il suo favore» a quelle parole posò con violenza le posate sul tavolo, costringendomi a lasciare nel piatto il secondo pezzo di salmone.
 «Mi ha detto del vostro patto, è una cosa stupida»
 «È il volere del re vostro padre»
 «Solo perché vi è andata bene fino ad ora, non vuol dire che sarà sempre così. La guerra è una cosa pericolosa ed io non voglio perdervi, mio Maedo»
 «Vi prometto che non succederà, adesso però scusatemi ma non tocco cibo da questa mattina» le dedicai un largo sorriso e continuai a mangiare, divorando anche la maggior parte delle sue portate.
 «Rischiate la vita per me, o per il trono?» mi domandò a fine pasto spiazzandomi del tutto. Tossii un paio di volte e scolai il bicchiere di vino per non strozzarmi, rassicurandola con la mano che presto avrei soddisfatto quella sua assurda curiosità.
 «Rischio la vita per il regno» la risposta la irritò a tal punto che la sua faccia assunse un’espressione quasi demoniaca. «E per voi» aggiunsi infine, «tuttavia il pericolo ci sarà anche quando saremo sposati. Se il mio senso del dovere verso Nuria e verso il re non fosse così grande, vi avrei già rapita tempo fa» con quelle ulteriori parole riuscii per fortuna a calmarla.
 «D’accordo, ammetto che questa volta ne siete uscito indenne. Mettiamo che questo vostro senso del dovere non sia così grande come dite, e che quella finestra sia al piano terra, come agireste?» il gioco sembrò divertirla così allontanai con violenza la sedia dal tavolo e mi gettai su di lei, atterrandola e stuzzicandola con del solletico fino a quando, con lacrime di gioia sugli occhi, non mi pregò di smetterla.
 «Getterei voi dalla finestra e poi farei il giro dalla porta per raggiungervi, dopodiché, ruberei un solo cavallo e vi porterei oltre tutte le mura di Aglan fin nelle terre inesplorate, attraversando le montagne di fuoco e passando a fil di spada tutti gli Orghen con abbastanza coraggio da tentare di fermare la nostra corsa»
 «Bene, signor Maedo Olen Gheler Aermidia, credo proprio che vi siate meritato un bacio» non mi è ancora chiaro se quello, da parte mia, fosse amore o semplice e spietato interesse verso il trono, l’unica cosa certa era la felicità, ero felice della mia vita, felice di tutti i miei titoli, della mia importanza a corte, di Teana e di quanto sarebbe potuto diventato rigoglioso il mio futuro restando al suo fianco. Insomma, il popolo mi amava, lord Brada Gadna mi adorava quasi come fossi un suo diretto discendente, persino i consiglieri anziani di cui il re si circondava avevano sempre belle parole da proferire riguardo al figlio di Zoiro Aermidia, fratello della regina Duna.
 Non esiste cosa più crudele della propria invisibile ingenuità.

 Il giorno seguente uscii a cavallo insieme a Beriador per attraversare gran parte della zona alta di Aglan. In realtà non avevamo uno scopo o commissioni da svolgere, semplicemente a entrambi piaceva l’entusiasmo con il quale la gente ci salutava e acclamava. In quei giorni di pace e serenità si registrò addirittura un picco all’anagrafe dell’uso del nome Gheler, perché in città non si parlava d’altro che delle mie sette consecutive vittorie. Qualcuno riuscì addirittura a intuire il mio legame con Teana e quindi a spargere la voce di una mia possibile futura scalata al trono.
 «Signor Gheler, mio Maedo!» salutavano le donzelle. «Buon giorno, mio Olen» dicevano le guardie. «Per voi, Maedo, prendete!» mi pregava tutte le volte la signora Fio porgendomi una delle sue più succose mele dei campi di Bride il povero. «È Gheler! Il grande generale Gheler!»
 Alcuni ad Aglan mi chiamavano addirittura portatore di pace nonostante la lama insanguinata che portavo sul fianco, mentre i preti rossi, che erano a conoscenza di come quella pace fosse stata raggiunta, consideravano la mia persona insieme a quella di lord Brada come il braccio e la mente di un unico dio della guerra. Per un giovane e ingenuo cuore come il mio, essere paragonato al proprio idolo non fece altro che generare felicità e motivi di vanto, in altre parole la causa della mia reale cecità.

 Tre giorni dopo il ritorno ad Aglan mi fu recapitata la lettera con la quale il re, tutte le volte, m’invitava a corte per discutere della mia successiva battaglia. Quel pezzo di pergamena arrotolato che Beriador aveva soprannominato corvo nero, era sempre stato l’inizio di una campagna militare. Non era né scritto né sigillato e l’unico riferimento a lord Brada era proprio questo, il suo profondo odio verso tutto quello che aveva la capacità di perdurare nel tempo. “Le parole sono pericolose” soleva sempre dire, “soprattutto quando non possono essere cancellate da un sorriso” 
 «Questa cosa non mi piace» puntualizzò Beriador mostrandomi il corvo nero. «Siamo appena tornati, di solito ci concede almeno due mesi di riposo»
 «Forse riguarda Onnu il cannibale»
 «O forse riguarda l’ennesimo barone che crea problemi al re vostro zio»
 «Le uniche città non ancora totalmente “purificate” sono Gora e Odrat, che già due anni or sono giurarono fedeltà ai Gadna»
 «Forse questa volta si tratta di villaggi»
 «Ne dubito, ma anche se fosse come dici, Lord Brada non farebbe di certo scomodare il grande Maedo Olen Gheler Aermidia. Seminare distruzione tra la povera gente infangherebbe il mio nome, il nome del futuro erede al trono!» 
 «Non per offendervi, mio signore, ma se io fossi re non permetterei mai a un discendente di un’altra famiglia di sedere sul trono»
 «Che cosa, che cosa state farneticando?»
 «Conosco Lord Brada quasi quanto voi ormai, dubito, dopo tutto il sangue versato, che cederà così facilmente il trono»
 «State osando troppo, Beriador. Ricordate qual è il vostro posto e provate almeno per una volta a onorarlo» ero così accecato dalla mia stima verso Brada che riuscii per la prima volta a ferire volontariamente e con gusto il mio scudiero.
 «Sì, avete ragione, perdonate la mia insolenza, vi prego»
 «Indossate un abito adatto alla presenza del re e seguitemi, vi aspetto qui fuori» uscii dalla stanza sbattendo la porta e indossai la sfarzosa cintura regalatami da Lord Brada in seguito alla mia penultima vittoria. Infine mi sistemai capelli e farsetto e, quando Beriador fu pronto, attraversammo i lunghi corridoi del castello che portavano alla sala scarlatta.
 Quando il re mi vide entrare il suo volto s’illuminò di gioia e serenità. Io sorrisi a mia volta, inchinandomi con cortesia e avvicinandomi al gruppo di uomini che lo circondavano. C’erano, oltre ai soliti anziani, tre generali nelle loro sgargianti armature d’oro. Essendo il primo generale di Aglan, titolo conquistato meno di un anno prima da quella settima vittoria, ne avevo anch’io una ma preferivo non indossarla nei colloqui con il re. 
 «Aermidia, accomodati pure» mi pregò Brada indicandomi la sedia al suo fianco. «Signori, immagino voi conosciate il qui presente primo generale di Aglan»
 «La sua fama lo precede» assicurò uno degli uomini, quello più vecchio e barbuto.
 «Loro sono Guro Dereia, generale di Azan, l’avamposto nelle pianure di sangue» e indicò il vecchio barbuto, «Torv Oiama generale delle difese di Gotaeldarv» quindi l’uomo pelato dal ventre prominente, «e Dreno Urtia, generale di forte Nedal» il ragazzino dall’aria ingenua ma dal fisico scolpito. Anche se ancora non conoscevo il motivo della loro visita, la cosa mi preoccupò comunque.
 «Molto onorato» continuò Guro, «sono davvero felice di fare la vostra conoscenza. Non è cosa facile raggiungere fama e gloria in così tenera età. Vi svelo un segreto, Lord Brada vostro zio, a vent’anni, non era riuscito a conquistare neppure l’appellativo di Olen»
 «Andiamo smettila di ridicolizzarmi, Guro, vecchia canaglia, è pur sempre mio nipote!»
 «La mia stima verso il nostro re non ha limiti» intervenni in sua difesa nonostante le risa ironiche dei due. «Non esiste diceria che possa ai miei occhi ridicolizzare la vostra immagine, sire»
 «Hai sentito vecchia canaglia? Ma adesso basta scherzare, passiamo alle ragioni dell’incontro. Guro, comincia tu»
 «D’accordo» il vecchio si alzò e cacciò da una sacca delle pergamene, le studiò per qualche secondo e, infine, quando trovò quella che gli interessava, la srotolò, mi guardò come se fossi l’unico nella sala e cominciò a parlare. «L’avamposto di Azan è stato fondato circa trenta anni fa, con lo scopo di spiare le paludi, il Sialden e Bale. Al popolo è stato detto che Nuria, grazie a quella base militare, potesse trovare delle collaborazioni pacifiche con le altre razze ma sono dicerie false o poco vere. In realtà questo è il noioso compito di studiosi e pensatori e serve solo a mascherare il vero obiettivo. Da quando le segherie hanno cominciato a recidere Ledah, le ribellioni sono diventate sempre più grandi e sanguinose, nell’ultimo mese abbiamo perso ventitré uomini, in quello passato quasi quaranta. Ho qui i loro nomi» assicurò mostrandomi la pergamena. «Insomma, l’avamposto serve a mantenere la pace e a trattenere le richieste d’aiuto degli Etne verso Bale. Abbiamo intercettato loro diversi messaggi, leggetene pure qualcuno» afferrò le restanti pergamene e me le lanciò. La scrittura degli Etne era molto diversa da quella Nuriana, ma sotto ogni simbolo uno scriba aveva tradotto tutto il messaggio.
 «Dalea Garden» diceva la prima riga.
 «È una frase criptata che i due re usano per dire all’altro che quelle parole sono affidabili, una specie di firma» spiegò Dreno Urtia.
 «Il sud del Sialden è sotto attacco, Nuria sta recidendo avidamente i nostri Ledah mietendo numerose vittime. Ogni anno catturano cento tra donne e bambini come ostaggi che poi rilasciano vivi quello successivo in cambio della nostra resa militare. Tra gli ostaggi c’è sempre il figlio del re e dei suoi consiglieri, per questo nessuno ha il coraggio di infrangere le regole di Nuria. Alcuni si ribellano di propria volontà ma non fanno molta strada, l’avamposto è pieno di soldati ben addestrati, abbiamo bisogno di aiuto» quelle parole mi sconvolsero, non sapevo niente di tutto ciò, il re non me ne aveva mai parlato nonostante fossi il suo pupillo, il suo primo generale. In preda a una sorta di senso di colpa afferrai una seconda pergamena e poi una terza, volevo trovare una conferma a tutta quella crudeltà, non poteva essere vero, Lord Brada era un uomo d’onore. Certo, le sue leggi e il suo modo ferreo di guidare Nuria potevano quasi ammettere il contrario ma quale re con un minimo di senso del dovere non governerebbe un grande impero con la forza e la paura?
 I messaggi del Sialden erano sempre più disperati, sempre più sporchi di sangue.
 «Io...» balbettai, «non capisco»
 «Ascoltami, ragazzo. Voglio essere sincero con te, nel nome della mia cara sorella Dana. Nuria ha bisogno della legna di quei Ledah, non possiamo permettere che gli Etne si ribellino, capisci vero? L’avamposto di Azan è sotto costanti minacce e necessita di un nuovo generale. Non che Guro non ne sia più all’altezza, ma il suo tempo è quasi finito»
 «In altre parole» intervenne il vecchio, «viste le vostre straordinarie capacità, ho deciso, con il consenso del re, che per un po’ di tempo sarete un mio sottoposto»
 «E se Guro ti riterrà adatto al compito, ha l’ordine di nominarti generale dell’avamposto» quella notizia mi sconvolse tanto da spezzarmi la voce. Non per l’inaspettato risvolto, non per l’inattesa possibilità di diventare generale di Azan, quanto per la promessa andata in fumo, quella di sposare Teana alla mia ottava vittoria.
 «Ma, mio signore, io, ecco...» balbettai in preda al panico.
 «Immagino tu sia sconvolto e ne comprendo le ragioni, ma dovresti, per lo meno e in egual misura, esserne soprattutto onorato. È un posto di prestigio»
 «Ma la nostra promessa e, Teana...»
 «Calma, ragazzo, calma, stai mischiando male le carte e mi stai offendendo. Hai mai visto Lord Brada non mantenere la parola data?» dissentii con la testa, confuso e spaventato. «Ho intenzione di nominarti re, Gheler, ma prima di arrivare al trono devi percorrere molte altre strade. Diventare generale di Azan sarà la tua ottava e ultima vittoria, dopo la quale ti permetterò di sposare Teana e di diventare il legittimo erede al trono di Nuria» il suo sorriso riuscì in qualche modo a rassicurarmi. Sì, Lord Brada non mi aveva mai deluso, così mi convinsi che sarebbe andato nel medesimo modo anche quella volta.
 «Sì, perdonate la mia stupida reazione. Onorare voi è la cosa che più mi rende felice»
 «Molto bene!» tuonò Guro, «preparate i bagagli, ragazzo, si parte fra meno di due settimane» 
 «E per quanto riguarda Beriador?» domandai.
 «Beh è il vostro scudiero, non so, a vostra discrezione, fate come credete sia meglio per voi» tra me e Beriador ci fu uno scambio di parole, più che di sguardi, istantaneo.
 «Oltre che un bravo scudiero, è anche molto abile con la spada. Credo possa essere utile all’avamposto più di quanto lo sia a me come scudiero»
 «E sia» decretò infine il re. «Farai gran parte della strada anche in compagnia degli altri generali, così avrai tempo di conoscerli al meglio. Non abbiamo altro da aggiungere, potete ritirarvi»

 Quando entrai nella stanza, le gambe mi cedettero e Beriador riuscì ad afferrarmi prima che cadessi del tutto.
 «Gheler, cosa vi succede?»
 «Niente» mentii, «niente»
 «Siete molto debole e, pallido. Vado a chiamare...»
 «...no! No, sto, sto bene» ma a Beriador bastò guardarmi negli occhi per capire quel’era la verità.
 «Fisicamente forse sì» ammise. «Ma non nella vostra mente. È per via del nuovo e assurdo compito che il re vi ha affidato, vero?»
 «Per un attimo ho temuto che, ecco, che le vostre parole di poco fa potessero avverarsi. Per un attimo ho dubitato di Lord Brada, ma per quanto io sia sicuro che terrà fede alla promessa data, non riesco a non avere paura. Sottoposto del generale di Azan, questo compito ci porterà via molti anni, Beriador, e se mai dovessi diventarlo io stesso...»
 «In quel caso diventerete re»
 «Erede, ha detto che diventerò il legittimo erede al trono, non il legittimo re. Inoltre speravo di poter passare più tempo con Teana, due settimane sono troppo poche» raggiunto il letto Beriador mi aiutò a sdraiarmi e mi rimboccò addirittura le coperte, controllando infine che non avessi la febbre.
 «Vi preparo qualcosa di caldo»
 «Voi ci sarete sempre, vero Beriador? Ho anche temuto che il re non vi permettesse di seguirmi»
 «Ma certo, mio Maedo, per voi ci sarò sempre. Vi aiuterò in quest’arduo compito, ve lo prometto. Adesso però riposate»
 «Teana, Lord Brada, Azan...» balbettai prima di svenire. 

- Gheler l'esploratore - Dal diario di Moga